CONCILIAZIONE TRA DATORE E LAVORATORE







NELLA CONCILIAZIONE CON IL DATORE DI LAVORO, IL DIPENDENTE DEVE ESSERE ASSISTITO DA UN RAPPRESENTANTE DEL PROPRIO SINDACATO - Perché l'accordo non sia impugnabile (Cassazione Sezione Lavoro n. 4730 del 3 aprile 2002, Pres. Mileo, Rel. Mammone).


In base all'art. 2113 del codice civile non è impugnabile la conciliazione tra lavoratore e datore di lavoro avvenuta in sede sindacale. Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, per essere qualificata tale la conciliazione deve risultare da un documento sottoscritto contestualmente dalle parti nonché dal rappresentante sindacale di fiducia del lavoratore (Cass. 11.12.99 n. 13910); inoltre l'accordo deve essere raggiunto con l'effettiva assistenza del lavoratore da parte di esponenti della propria organizzazione sindacale (Cass. 22.10.91 n. 11167).
Tale giurisprudenza parte dal rilievo, pienamente condivisibile, che sia imprescindibile nella conciliazione sindacale che vi sia stata un'effettiva assistenza del lavoratore da parte di "propri" rappresentanti sindacali. Quale che possa essere invero la configurazione giuridica del rapporto fra il sindacato e l'aderente ad esso, è evidente che solo i "propri" rappresentanti sindacali sono quelli qualificati ad assistere il lavoratore ed a tutelare i di lui interessi, impedendo pertanto quel vizio d'invalidità che altrimenti inquinerebbe l'atto di rinunzia o transazione. E' sommamente importante che il giudice di merito accerti che vi sia stata effettiva assistenza del lavoratore, assistenza che può essere offerta solo dagli esponenti di quell'organizzazione sindacale alla quale il lavoratore medesimo abbia ritenuto di affidarsi. Altre forme di presenza non possono pertanto ritenersi al riguardo idonee a sottrarre la rinunzia e la transazione al regime legale d'invalidità previsto per gli accordi non conclusi in sede sindacale.

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